Il Tarocchino bolognese

Bologna custodisce un tesoro unico nel mondo dei giochi di carte: il Tarocchino bolognese, storia e fascino di un gioco millenario.

copertina di Il Tarocchino bolognese

Il Tarocchino bolognese ha una tradizione che affonda le sue radici nei primi del Quattrocento e che ancora oggi incanta per la sua complessità e ricchezza culturale. Con regole rimaste pressoché immutate per quasi sei secoli, il Tarocchino è molto più di un passatempo: è uno specchio della storia, della creatività e dello spirito bolognese.

Il Tarocchino deriva dal mazzo originale di 78 carte, composto da quattro semi italiani tradizionali (danari, coppe, spade e bastoni) e 22 "trionfi", come il Sole, la Luna, la Giustizia e il Matto. Questi trionfi, simili a un quinto seme, danno al gioco una strategia unica, rendendolo simile a giochi moderni come il Bridge, ma con una profondità tattica tutta sua.

La storia del Tarocchino è costellata di episodi curiosi e affascinanti: principi in esilio, carte bruciate in piazza San Petronio, furti rocamboleschi e nobildonne derise in versi satirici. Durante il Settecento, il Tarocchino conquistò l’Europa, diventando il "Re" dei giochi di carte, e il mazzo fu utilizzato anche per altri passatempi popolari come Ottocento e Millone. Espressioni tipiche come “coprirsi il Matto” o “rompere Criccone” testimoniano la vitalità di un sapere tramandato oralmente di generazione in generazione.

Nonostante la progressiva scomparsa dei luoghi di gioco tradizionali, il Tarocchino Bolognese rimane uno dei simboli culturali della città, accanto al dialetto, alla musica e alla cucina. Per preservare questa tradizione, nel 1997 è nata l’Accademia del Tarocchino Bolognese, grazie all’impegno di appassionati come il filosofo sir Michael Dummett e il cantautore Francesco Guccini, presidente onorario dell’Accademia e abile giocatore.

Grazie al loro lavoro, il Tarocchino continua a essere un ponte tra passato e presente, intrecciando storia, strategia e poesia in un mazzo di carte.